Mezzanotte. Quiete apparente oltre i tuoni che, lontani, ruggiscono nel
temporale. Tremo come una foglia lambita dal vento. Avvolto dalle
coperte fino al naso guardo davanti a me, nella penombra della stanza,
il volto di mio fratello. Anch’egli mi fissa, sdraiato sul letto, con
occhi di ghiaccio, penetranti, scarni di pathos. Le labbra sottili sono
piegate in un sorriso meccanico, gelido anch’esso, beffardo. Vorrei
chiudere le palpebre e dormire, ma una forza misteriosa, magnetica, mi
costringe ad osservarlo. Da molte notti ormai. Rimaniamo in silenzio.
Paralizzati. Il ghigno sul suo volto si espande, muto. Gli occhi si
spalancano sino al limite naturale senza che ciglia venga battuta.
L’orrore scuote con nuove convulsioni il mio corpo rigido e freddo. Non
vi è nulla di normale in tutto ciò. Continua a sorridere ed indagare
nell’abisso dentro me con i pozzi neri di cui ha colmo lo sguardo. Un
tempo mi voleva bene, ed io mi fidavo di lui. Ora non più. Qualcosa si è
rotto nel suo cuore. Mio fratello è morto un anno fa, eppure continua a
scrutarmi dall’altrove.